Il Coaching aziendale: una bicicletta verso il successo

Abbiamo sempre fatto così no grazie

Capita a tutti di sentirsi insoddisfatti di alcuni aspetti della propria vita, ma spesso accade di sentirsi allo stesso modo anche in ambito lavorativo. Pertanto, come è un bene lavorare su se stessi per sentirsi realizzati ed appagati dal punto di vista individuale, vale lo stesso quando si tratta di lavoro che è parte integrante della vita di ognuno.

Partendo da questo, abbiamo pensato di dedicare attenzione al Coaching nell’organizzazione aziendale.

Abbiamo trovato molto interessante la tesi dell’Ingegner Marco Ronco, Managing Director di Modena, con la quale ha conseguito il diploma di Coach presso la scuola INCOACHING di Senigallia.

Nel suo scritto dichiara quanto, secondo lui, sia importante portare alla luce le potenzialità dell’individuo partendo da due concetti miliari: la maieutica di Socrate e la psicologia positiva di M. Seligman.

Nel primo caso, Socrate sosteneva che attraverso il dialogo e la formulazione di domande si poteva portare alla luce la verità dei discepoli; verità che essi custodivano a loro insaputa. In questo modo venivano aiutati a divenire ciò che già erano in potenza, arrivando autonomamente, grazie alle proprie risorse, a scoprire prospettive ed orizzonti.

La psicologia positiva invece si basa sullo studio del benessere personale e della qualità della vita, dando importanza alle emozioni piacevoli, le potenzialità, virtù e abilità dell’individuo.

Il Coaching si ispira dunque alla psicologia positiva e, allo stesso tempo, affonda le sue radici nel dialogo socratico. Grazie a questo quindi, l’individuo scopre in autonomia i propri obiettivi e decide un piano di azione per autorealizzarsi.

Dunque il Coaching in ambito lavorativo è utile per raggiungere obiettivi aziendali ed ogni manager dovrebbe introdurlo nella propria attività.

Interessante è il concetto di “coachability”, ovvero quanto una persona è in grado di accogliere un supporto sfruttandolo strategicamente per migliorare la propria efficacia lavorativa.

In un ambito così vasto come quello del lavoro, la metodologia di Coaching è applicabile a tutti come approccio universale?

È abbastanza scontato che ogni individuo è, a modo suo, condizionato da ciò che lo circonda. Pertanto ognuno può reagire in modo diverso ad un percorso di Coaching, basandosi sulle proprie sfere interne (personali) e la percezione che ha di quelle esterne (sociali).

Detto ciò è importante ricordare che, in un ambito aziendale, l’obiettivo d’impresa che si vuole raggiungere attraverso un percorso di Coaching coincida con quello della risorsa che fa parte dell’organizzazione della stessa.

Ma prima di delineare un obiettivo comune è importante che l’ente aziendale non cada nel tranello del “Abbiamo sempre fatto così”, perciò perché modificare un approccio?

L’errore più comune è quello di credere che agire “così” sia la strada più giusta poiché l’abitudine è la scelta migliore per non creare stress.

“Abbiamo sempre fatto così”. Il seguito è sottinteso: non c’è alcun motivo per cambiare né abbiamo alcuna intenzione di farlo. La frase viene annodata come un cappio al collo di chi ha osato proporre un cambiamento: nell’azienda, nel gruppo di amici, al lavoro o nel tempo libero.

Questo radicale motto ci porta a ricordare Grace Murray Hopper, matematica americana celeberrima in patria e tra gli informatici, che la definisce “la frase più pericolosa in assoluto”. Lei sì che ha la competenza per esprimersi in merito. Classe 1906, professoressa di matematica e fisica, durante la Seconda guerra mondiale entra nella Marina militare dove progetta e realizza il primo computer digitale. Sono suoi Harvard Mark I, Univac 1, COBOL (linguaggio informatico usato ancora oggi) e la parola bug, che all’origine fu davvero un insetto, una falena che, entrata negli ingranaggi del computer, lo aveva bloccato.

La sua curiosità e la sua voglia estrema di uscire dagli schemi fu per lei la spinta motivazionale della sua carriera e del raggiungimento dei suoi traguardi.

Possiamo pertanto sostenere che è proprio uscendo dalla propria zona di comfort che si possono vedere orizzonti migliori.

La maggioranza della gente è conservatrice. Una volta costruito il proprio bozzolo, il ruolo, la mansione, la direzione di qualcosa o la propria azienda, investono ogni energia per conservarla così com’è, e ogni novità viene vista come una minaccia. Oppure sono attanagliati dal terrore della privazione: chi introduce la novità vuole il mio posto? La novità causerà un cambio nell’organizzazione a mio danno? Altra reazione frequente: “Sì, bello, ma tanto non funziona.”

L’errore comune è non afferrare il fatto che ogni struttura composta da individui che si danno un obiettivo – azienda, famiglia, impresa, – si regge sull’equilibrio della bicicletta. Se la bicicletta sta ferma, cade. Per stare in piedi deve muoversi. Ora lenta ora veloce, ma muoversi!

Ogni azienda dovrebbe dunque vedere il Coaching come un dono ai suoi dipendenti per risvegliare passioni ed idee.

Coaching e formazione aziendale dovrebbero pertanto andare di pari passo in un organigramma aziendale. Investire nelle risorse più preziose che un’impresa possiede: le persone che sono fonte di idee e originalità, di ispirazione e successo.

Un individuo che avrà trovato il giusto equilibrio tra salute psicologica, salute fisica, piacere in ciò che fa saprà dedicarsi al suo lavoro con propensione ed ottimismo, perché allo stesso tempo sarà in grado di gestire la sua sfera personale ed il suo tempo libero, si sentirà in questo modo realizzato e di successo, completo e fonte d’ispirazione per se stesso e per gli altri.

Perciò, non rifiutiamo il cambiamento perché “Abbiamo sempre fatto così”. Gonfiamo le ruote di questa bicicletta e pedaliamo verso un obiettivo nuovo e stimolante. Probabilmente il percorso per raggiungere la vetta sarà faticoso, ma una volta arrivati in cima potremo assaporare il panorama dal punto più alto con soddisfazione.

Luca Lo Monaco

Valeria Vitolo